venerdì 9 gennaio 2015

Esperienze

Oggi sono andata per conto di G. , che aveva un altro impegno, dal medico che ha lo studio nella piazzetta per fargli apportare una correzione su un'impegnativa.
Arrivo nella piazzetta cinque minuti prima dell'orario di apertura dell'ambulatorio.
Freddo pazzesco. Alla faccia del clima più mite che avevano preannunciato per questi giorni. Fidandomi di queste previsioni mi sono vestita più leggera. Risultato, stavo surgelando. Fortuna che almeno i guanti li avevo messi, anche se come sempre d'inverno le mani erano gelate comunque.
Quindi eccomi davanti al portone, surgelata, io e un vecchietto, abbastanza surgelato pure lui.
Vengo a sapere che è lì per farsi prescrivere dei farmaci per il diabete.
Ad un certo punto mi fa: "Vede quel signore là?"
Guardo nella direzione che mi indica, e vedo un uomo anziano che si dirige verso la nostra direzione.
"E' il padre del medico" mi informa il vecchietto.
"Ah" faccio io educatamente.
"Viene a scrivere le ricette. Si mette lì e scrive le ricette."
"Ah?" faccio ancora io.
"Pensi, ha già novant'anni ma scrive ancora le ricette".
" Ma era medico pure lui?" faccio io a questo punto.
"No, no".
"Ah".
A questo punto il novantenne padre del medico nonché redattore di ricette ci raggiunge. Educati saluti. Ci apre il portone e finalmente io e il vecchietto ci possiamo scongelare nell'androne e poi proseguire lo scongelamento nella saletta d'attesa lì al piano terra.
Mi siedo, e il vecchietto pure, di fronte a me.
Mentre lui si toglie il cappotto, mettendo in mostra un maglione di lana verde bottiglia super accollato, bretelle, panzona, pantaloni marroni, che lui si solleva uno per volta fino al ginocchio per tirarsi su le calze, il padre del medico apre un tavolino pieghevole, ci sistema sopra penne, cancellino,  e ovviamente i moduli per le ricette, poi ci guarda e chiede:
"Qualcuno ha bisogno di una ricetta?"
Educato diniego da parte di entrambi.
Quindi il padre del medico sfodera da qualche meandro un giornale, e passa almeno un minuto a spiegarlo e piegarlo attentamente, con movimenti che sanno di lunga pratica.
Infine si mette a leggere.
Entra un altro paziente, apparentemente novantenne pure lui.
"Ha bisogno di una ricetta?"
"No, no, grazie" risponde il nuovo venuto, accomodandosi.
Così eccoci lì, io e quei tre, nella saletta con la luce fioca, senza finestre, le sedie allineate contro la parete, l'uomo delle ricette al suo tavolino pieghevole, il pavimento di cotto.
Non so perché mi ricordava una saletta d'attesa in qualche sperduto ambulatorio in Sud America.

Intanto, che faceva il medico, nello studio adiacente?
La porta era aperta, dunque potevo udire chiaramente la conversazione che il dottore stava avendo al telefono. Doveva spedire qualcosa tramite il computer, attraverso qualche modulo presente in qualche sito se ho ben afferrato, ma non stava avendo molto successo.
L'interlocutore all'altro capo del filo dava delle istruzioni, che il medico ripeteva, eseguendole.
"Ma la finestra la chiudo con quella x in alto?" sento chiedere a un certo punto.
Alzo quasi involontariamente gli occhi al cielo. Direi che saper chiudere una finestra sullo schermo di un computer tramite "quella x in alto" fa parte dell'abc dell'utilizzatore di pc.
Che persone surreali popolano questo posto, mi viene da pensare.
Finalmente la telefonata del medico si conclude, senza successo, ma a quanto ho capito lo avrebbero ricontattato per sistemare la cosa.
Così sono la prima ad entrare nello studio. In quattro e quattr'otto la modifica che occorre a G. viene apportata, ringrazio, saluto, torno nella saletta d'attesa in penombra, saluto anche lì ed esco nella piazzetta.
Mentre tornavo in studio dove Basilio lo shih tzu mi aspettava, il vecchietto certamente parlava col medico del suo diabete, e nella saletta piena d'ombra il dispensatore di ricette continuava a leggere il suo giornale, in attesa di poter dispensare i suoi servigi dal suo tavolino pieghevole.